Che cos’è un blocco psicologico nell’adolescente?
Ad esempio: Quando vediamo che nostro figlio o nostra figlia non rende a scuola o pensiamo che sia “svogliato” e lo incitiamo ad andare avanti o lo minacciamo, sicuramente tutto ciò non fa che peggiorare il vissuto del ragazzo e della ragazza adolescente.
Vediamo innanzitutto che cos’è il blocco psicologico nello studio ?
Rappresenta una condizione psicologica e fisica che non permette all’adolescente di concentrarsi ed elaborare i contenuti – e quindi di apprendere-, a prescindere dal livello di motivazione a farlo.
Quindi anche se l’adolescente vorrebbe studiare, c’è qualcosa “dentro/ o fuori di lui/lei che glielo impedisce.
A questo punto approfondiamo come si può manifestare un blocco psicologico?
Tenendo presente che sono molteplici le situazioni e relativi vissuti in cui l’adolescente vive un blocco psicologico per lo studio.
Spesso lo studente si presenta al “colloquio” esponendo, appunto, diversi malesseri e possono essere:
- sensazione di svogliatezza,
- difficoltà di applicazione, incapacità di memorizzare,
- irritabilità, ansia, ritiro sociale, vomito, mal di pancia,
- difficoltà di cui non sa dargli un senso, come per esempio possono comunicare “non so perché mi succede”
- descrive il blocco come una chiaro esito di una situazione o evento, come per esempio comunicano “mi succede da quando…situazioni di rendimento insufficiente e dubbi sulla scelta della scuola”.
Da cosa può dipendere questo blocco?
Partiamo dal tenere ben chiaro in considerazione che l’adolescente, in quanto tale, è caratterizzato da un vero e proprio cambiamento, passaggio e trasformazione ormonale/fisico, psicologico e sociale. Sta costruendo infatti, la propria identità al di fuori della famiglia. Quindi, si denota una fase di vulnerabilità, ma che allo stesso tempo di scoperta e di crescita. L’adolescente proprio per la costruzione di un proprio sé, a volte si può sentire disorientato, la conflittualità siano tipiche e normali fasi di “crisi” adolescenziali.
Dati OCSE- Cosa accade ai nostri studenti italiani?
Per rispondere a questa domanda possiamo parlare dell’indagine condotta nel 2015 dal titolo “il benessere degli studenti adolescenti” di 15/16 anni presentata dall’OCSE-Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico a cui appartengono 80 stati mondiali.
Dall’indagine è emerso che ciò che caratterizza gli studenti italiani è un livello di ansia vissuta dagli adolescenti decisamente più elevato degli altri Paesi; infatti il 56,4% degli adolescenti intervistati afferma “che si sentono molto nervosi quando devono studiare”, contro una media dei paesi OCSE: del 36,6%. E ancora il 70,2% va in “forte ansia quando deve affrontare una valutazione scolastica, anche se preparato”.
Riguardo l’importanza dei genitori, risulta che il 96,% dei genitori risulta “interessato alle loro attività scolastiche” e che l’89% degli intervistati sono “sostenuti dai genitori quando incontrano delle difficoltà a scuola”.
Su questi ultimi dati può diventare un punto di forza il sostegno del genitore al proprio figlio, sostenendolo in modo empatico nel fronteggiare le difficoltà legate all’ansia a scuola. Un possibile punto di debolezza il sovraccarico emotivo trasmesso dal genitore ai proprio figlio. Purtroppo oggi i nostri adolescenti e soprattutto, a quanto pare, leggendo i dati OCSE, sentono una pressione della nostra società che non dà garanzie per il loro futuro e sono immersi in un mondo in rapido e in continuo mutamento.
Che cos’è l’ansia scolastica?
Innanzitutto i disturbi d’ansia sono caratterizzati dall’emozioni come la paura e ansia eccessiva con disturbi comportamentali correlati.
La paura è un’emozione legata ad una minaccia imminente, reale o percepita. L’ansia è l’anticipazione di una minaccia futura. Avere un ansia evolutiva normale, che prepara ad affrontare una prestazione, è del tutto naturale e fisiologica. Un segnale di un eccesso di ansia, non fisiologica, è data da una sopravvalutazione del pericolo nelle situazioni che si temono o si evitano tenendo conto del contesto sociale e culturale.
L’ansia scolastica nasce dal normale bisogno di essere amati e visti e considerati e allo stesso tempo dalla paura di essere rifiutati e ridicolizzati. Essa racchiude la paura dell’insuccesso, del giudizio negativo, il timore di non essere capaci di superare la prova che si deve affrontare.
Bisogna sapere che l’ansia può causare disabilità e tendere quindi alla cronicizzazione. Ma lavorare con una psicoterapia rogersiana può essere funzionale alla autoregolazione autoconservazione e diminuzione e cambiamento verso la l’ansia in forma patologica. La valutazione del livello di ansia, con una certa frequenza e pervasività va comunque sottoposta ad un psicologo specialista psicoterapeuta.
Come l’intervento dello psicologo psicoterapeuta può aiutare a superare lo sblocco?
Si può chiedere un’incontro con uno psicologo per valutare il vissuto e decidere se intraprendere un counselling psicologico o una psicoterapia rogersiana.
Il counselling mira a risolvere un problema circoscritto, ad esempio “non ce la faccio a studiare in quanto questa scuola non mi piace” si lavorerà sull’analisi del problema nel quale ci sono dei sentimenti correlati e a sua volta dei bisogni che sottendono e che emergeranno. Un lavoro su il rapporto con se stessi e con gli altri, nonché i problemi nel rapporto con i propri bisogni (bisogni che sono cioè soddisfatti insufficientemente o in modo inadeguato).
La psicoterapia lavora sulla persona per intero, dal punto di vista esistenziale. Il problema di studio, seppur e ovviamente concreto, può svelare anche qui la copertura di altri problemi personali, più destabilizzanti e meno accessibili. Appaiono elementi di rivendicazione e bisogni di risarcimento e di essere legittimati.
Attraverso un clima autentico, accettante ed empatico facilita nell’adolescenza, un abbassamento delle difese riappropriandosi delle sue risorse interne, del proprio potere personale.
Entrambe, il counselling e la psicoterapia rogersiana lavorano utilizzando l’accettazione positiva incondizionata, l’empatia e la congruenza del terapeuta.
L’obiettivo dell’approccio è di “rimettere in movimento la tendenza attualizzante che spinge verso l’armonia del proprio essere” (Colombo,2011); ossia verso lo sviluppo, la realizzazione delle sue potenzialità (Rogers).
La consulenza psicologica aiuta l’adolescente in crisi a meglio tollerare le tanti percezioni di se stesso. Se l’adolescente matura delle rappresentazioni di sè allineate con le aspettative di crescita e sviluppo tutto procede per il meglio, altrimenti si apre lo scenario della crisi.
Ad ogni modo sia nella psicoterapia cosi come nella counselling diventano efficaci assicurando le condizioni che contribuiscono allo sviluppo e alla tendenza positiva (Rogers, 1961).